28 febbraio 2013

Dal ping-pong alla pallacanestro

Negli anni '70 c'era la "Diplomazia del Ping Pong". Quando la Cina di Mao e gli Stati Uniti di Nixon dovevano incontrarsi, organizzavano incontri di tennis tavolo per stemperare la tensione tra l'Oriente comunista e l'Occidente capitalista.
Il successo fu tale che lo stesso presidente Nixon andò a Pechino per seguire un incontro di ping pong a una conferenza del Partito Comunista.
L'uomo dietro questo successo, il campione Zhuang Zedong, è morto solo qualche settimana fa.
Oggi la Cina non è più un pericolo per gli Stati Uniti, almeno a livello militare. E Washington ha individuato nel regime nord-coreano di Kim Jong-Un il nuovo nemico.
Un nemico da combattere con la forza della seduzione e della distensione prima ancora che con  le armi.
La visita di Richard Schmidt, CEO di Google, di fine gennaio nella capitale nordcoreana è stata indubbiamente un grande successo per la diplomazia statunitense, che si era impegnata in prima persona inviando l'ex governatore dello stato del New Mexico al seguito di questa "missione diplomatica privata".
In questi giorni, è il turno delle star della pallacanestro, un brand a stelle e strisce almeno quanto Google.
L'ex star NBA Dennis Rodman si trova attualmente a Pyongyang per seguire e promuovere un incontro tra una selezione statunitense e una squadra  nordcoreana.
Trovandosi fianco a fianco con il dittatore Kim Jong-Un, Rodman non ha esitato a chiamarlo "A friend for life", come riporta il Daily Mail.
Rodman ha incontrato ministri e membri del governo prima di sedersi a bordo campo spalla a spalla con il suo nuovo amico.
Il regime coreano ha conquistato le prime pagine di tutto il mondo conducendo un nuovo test nucleare soltanto dieci giorni fa. Indubbiamente la visita "cestistica" era già stata programmata in precedenza, ma assume oggi tutto un altro valore: tieniti stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici.

27 febbraio 2013

The right to be stupid

Potrebbe essere stata una tipica gaffe da parte di un politico disattento, ma non è così scontato: fatto sta che l'ultima dichiarazione di John Kerry, il nuovo Segretario di Stato dell'amministrazione Obama, in un forum a Berlino sta facendo il giro di internet.
"In America, si ha il diritto a essere stupidi".
Ecco tutto. Che gli americani fossero "eccentrici", si sapeva. Magari anche ignoranti, arroganti o presuntuosi. E' un cliche. Ma stupidi? Al punto tale che un membro del governo, molto in vista per di più, dovrebbe difendere pubblicamente il diritto alla stupidità?
In realtà le cose non stanno proprio così. Kerry stava parlando ad un evento organizzato all'ambasciata statunitense in Germania, un evento sulla libertà di espressione e i diritti civili. E per sottolineare la libertà pressochè totale che i cittadini americani godono su questo tema, ha appunto pronunciato la famosa frase.
La cosa, come riporta l'Huffington Post, non ha suscitato un grande clamore in Europa, ma chiaramente i blog e gli opinionisti repubblicani si sono scatenati.
Il mio preferito è un post di Ann Coulter: "John Kerry dice che gli Americani hanno il diritto di essere stupidi. Se si aggiunge il diritto di voto, ecco i risultati delle elezioni 2012". Abbastanza chiaro.

26 febbraio 2013

Maratoneti come alberi, secolari

Ricordate Forrest Gump? Che dopo aver attraversato 4 volte gli Stati Uniti da est a ovest decise di tornare a casa semplicemente perchè "voleva riposarsi un po'"?
C'è chi non si è ancora fermato: Fauja Singh era già il detentore del record di maratoneta più anziano di sempre e questa domenica ha ulteriormente migliorato il suo primato.
Come riporta l'Huffington Post, l'atleta indiano ha concluso la mini-Maratona di Hong Kong (10 kilometri) alla venerabile età di 101 anni.
L'anno scorso aveva corso la Maratona di Toronto e, con oltre un secolo di vita, era diventato il maratoneta più anziano di tutti i tempi.
Singh ha dichiarato di avere iniziato a correre all'età di 89 anni per combattere la depressione dovuta alla tragica morte della moglie e del figlio. Da allora non si è più fermato. I suoi record non sono però riconosciuti dalla Guinness World Records International perchè Singh non ha un certificato di nascita ufficiale che dimostri la sua età.
Il suo passaporto riporta la data del 1 aprile 1911, ma il governo indiano ha ammesso che non esistono registri di nascita affidabili per quell'epoca.
Singh normalmente corre indossando un turbante indiano tradizionale che, unito alla sua lunga e vaporosa barba bianca, gli ha fatto guadagnare il soprannome di "Turbaned Torpedo".
Questo ultimo successo potrebbe però essere l'ultimo, dato che, come ha dichiarato lo stesso Singh, sta considerando l'idea di appendere le scarpe al chiodo, sperando che la gente "continui a ricordarsi di me e non mi dimentichi".

25 febbraio 2013

Castro Bros con l'acqua alla gola?

Potrebbe essere l'avvenimento dell'anno, almeno in America Latina. 
Dopo aver liberalizzato, almeno in parte, le politiche riguardanti l'espatrio (ne sa qualcosa la blogger e dissidente Yoani Sanchéz), il regime comunista cubano potrebbe lasciare gli ormeggi definitivamente.
A riportare la notizia è il New York Times che cita un discorso tenuto direttamente da Raul Castro, il fratello minore di Fidel e che attualmente ricopre l'incarico di Presidente della Repubblica.
Ieri infatti il presidente ha ufficialmente dichiarato che quello che è appena iniziato sarà quasi sicuramente il suo ultimo mandato. 
La notizia, già importante di per sé, potrebbe ricevere ulteriore "peso" dal fatto che Fidel stesso abbia presenziato a questo particolare discorso, dopo un silenzio radio-televisivio che il lìder màximo osservava da mesi.
La dittatura castrista continua ininterrottamente dal 1959, ovvero dall'anno della rivoluzione contro il regime di Batista. Negli anni scorsi Fidel, ormai 86 anni, aveva gradualmente ceduto sempre più potere al fratello minore Raul, di quattro anni più giovane, tanto che adesso è quest'ultimo a sedere sullo scranno più alto.
Se davvero il "ticket" tra i due fratelli dovesse venire meno, il principale candidato alla successione potrebbe essere Miguel Diaz-Canel Bermudez, 52 anni, ingegnere elettronico ed ex-ministro dell'educazione, che si sarebbe distinto negli ultimi anni occupandosi soprattutto dei colloqui con il Venezuela, l'altro grande regime comunista del continente.
E' difficile che il regime prepari una successione lineare, non c'è chiaramente l'obiettivo di creare una dinastia a lunga durata simile alla Corea del Nord, piuttosto il modello potrebbe essere il regime cinese, con un'oligarchia assoluta tra i dirigenti ed i membri del partito.
Il tutto, ovviamente, tra 5 anni. Dopo 54 anni, perchè affrettarsi?

22 febbraio 2013

Lo strano caso del cadavere incenerito in Oklahoma

Un caso molto particolare sta tenendo gli abitanti dell'Oklahoma attaccati al televisore da lunedì scorso: si tratta del ritrovamento del cadavere carbonizzato di Danny Vanzandt, cittadino di 65 anni della Sequoyah County, in Oklahoma appunto. Così ha riportato l'Huffington Post questa mattina.
I suoi famigliari l'hanno trovato lunedi mattina nella sua casa di Muldrow, ma ormai era troppo tardi. Nemmeno l'autopsia eseguita nella giornata di martedì è stata in grado di spiegare quale possa essere la causa della morte: l'unica cosa certa è che Vanzandt è morto carbonizzato, ma non sono state trovate tracce di incendio attorno al cadavere.
Il responsabile delle indagini ha quindi suggerito un'ipotesi insolita e agghiacciante al tempo stesso: "Potrebbe trattarsi di un caso di auto-combustione umana (SHC)", ha spiegato lo sceriffo Ron Lockhart ai microfoni di KSDK-TV. "Al mondo si registrano circa 200 casi di combustione spontanea all'anno, e Vanzandt potrebbe far parte di questa categoria".
Il fatto che Vanzandt fosse un alcolizzato e fumatore accanito potrebbe rafforzare l'ipotesi: "Chiaramente ci deve essere una sorgente di combustione, ma potrebbe essere stato un accendino o una sigaretta accesa".
L'alto tasso di alcol nel sangue poi, potrebbe aver fatto il resto.
"Potresti versare della benzina su qualcuno e non verrebbe incenerito in una simile maniera". 
Una scena agghiacciante insomma, e potrebbero essere necessari anche più di due mesi per verificare questa curiosa e terrificante ipotesi.

21 febbraio 2013

Il (nuovo) ritorno dello Jedi

E' bastata una semplice parola per mandare in fibrillazione i blog di mezzo mondo: talking.
A pronunciata è stata Mark Hamill, meglio conosciuto come Luke Skywalker, il biondo guerriero galattico protagonista della prima saga di Star Wars a cavallo degli anni '70 e '80, riguardo ad un suo eventuale ritorno sul set per l'ennesimo sequel della saga che lo ha reso famoso.
In un'intervista a Entertainment Tonight, Hamill ha confermato che il settimo episodio di Guerre Stellari è in fase di pre-produzione avanzata: si parla addirittura di un'uscita prevista per il 2015 per il film.
"They are talking to us", dove "they" sta per George Lucas, ovvero l'ideatore, creatore e regista dell'intera saga.
L'attore, ormai non più un giovincello dall'alto dei suoi 61 anni d'età, ha dichiarato di aver parlato di un suo eventuale ritorno nelle vesti di Cavaliere Jedi in un pranzo con George Lucas e Carrie Fisher (che nei film interpretava la principessa Leila) circa un anno fa. Hamill si è sentito direttamente chiamato in causa perchè, a suo dire, nessuno prenderebbe il suo posto se lui dovesse decidere di rinunciare: "Semplicemente rinuncerebbero al personaggio, non prenderebbero un altro attore al nostro posto".
Discorso diverso per Han Solo, ovvero Harrison Ford, di cui si era scritto riguardo a un pre-contratto, ma l'ipotesi è sfumata. Probabilmente occorrerà un sostituto, se qualcuno volesse candidarsi...

20 febbraio 2013

La Corea del Nord alza il tiro... e le minacce

La Corea del Nord ha rilasciato una dichiarazione a dir poco "bellicosa" ieri alla riunione delle Nazioni Unite in corso a Ginevra sul tema del disarmo nucleare.
Il portavoce del regime di Kim Jong-un ha infatti dichiarato che: "Come dicono, un neonato non prova terrore di fronte a una tigre. Il comportamento erroneo della Corea del Sud la avvicinerà soltanto alla sua distruzione finale".
Insomma, metafore da saggezza orientale e minacce vere e proprie: dopo il test atomico di due settimane fa che era sembrato un diretto avvertimento agli Stati Uniti (due giorni dopo il presidente Obama avrebbe pronunciato il celebre discorso sullo Stato dell'Unione), il regime nord-coreano ha rincarato la dose cercando, probabilmente, di alzare il livello dello scontro: "Se gli Stati Uniti dovessero assumere un atteggiamento ostile nei confronti della Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord (questo il nome completo della dittatura di Pyongyang), la Nord Corea non avrà altra scelta che rispondere con un secondo e terzo forte movimento in successione".
L'ambasciatore della Corea del Sud allo stesso meeting ha risposto che il regime di Pyongyang dovrebbe piuttosto occuparsi della salute dei suoi cittadini, in un paese che negli ultimi anni è stato falcidiato da cicliche carestie, come riporta la BBC.
Il nuovo regime di Kim Jong-un, da meno di un anno al potere, sta cercando probabilmente di conquistare maggiore visibilità internazionale per mantenere aperto il dibattito intorno ad un conflitto mai sedato e che Seoul sta vincendo a colpi di mercato: appena subito dopo l'elezione, il nuovo dittatore ha dovuto ammettere la necessità di aprire i mercati nordcoreani ai prodotti del sud, auspicando un'unica zona economica comune.
Speranze e minacce, carota e bastone.

19 febbraio 2013

Non si cambia in Armenia

Le elezioni di questo fine settimana non sono state seguite dall'ondata di violenze che seguì le precedenti consultazioni nel 2008, ma l'opposizione ha comunque denunciato brogli e irregolarità.
Il presidente Sarkisian ha ottenuto il 60% delle preferenze. Il leader dell'opposizione Raffi Hovannisian si è fermato al 35% dei voti, ma ha comunque rivendicato la vittoria.
La maggior parte dei rivali del presidente era già stata tolta di mezzo nel corso dell'ultimo anno, tanto che la comunità internazionale aveva espresso perplessità circa il reale valore di queste consultazioni: "Molti partiti politici, che si riteneva dovessero presentare candidati alla presidenza, hanno scelto di non farlo per la mancanza di fiducia legata all'esito di queste elezioni" ha riportato alla BBC l'Assemblea generale del Consiglio d'Europa.
Scegliendo la continuità con il presidente uscente, l'Armenia ha probabilmente votato a favore di una stabilizzazione della repubblica ex-sovietica anche a scapito di un reale confronto democratico.
Dal 2008 al 2013 l'Armenia ha registrato una crescita economica media del 7% pur non riuscendo a sconfiggere i due mali endemici del paese: la disoccupazione è al 16% e più del 30% della popolazione continua a vivere sotto la soglia di povertà.

18 febbraio 2013

Nuovo record sulla scia dei Clippers

Giovanni Soldini entra (nuovamente) nella storia della vela stracciando un altro record internazionale: il velista  lombardo (è nato a Milano 47 anni fa) ha infatti guidato il suo equipaggio sulla rotta New York-San Francisco nel tempo record di 47 giorni, 42 minuti e 29 secondi.
Per poter superare il record risalente all'impresa di Yves Parlier nel 1998, Soldini ha dovuto allestire un team dei migliori velisti di tutto il mondo, sorta di All Star della vela : Ryan Breymeier (USA), Sebastien Audigane (Francia), Janghe Teng (Cina), Carlos Hernandez (Spagna), Michele Sighel (Svizzera), Boris Herrmann (Germania) oltre ai due italiani Guido Broggi e Corrado Rossignoli. Italiano anche lo sponsor del veliero, Maserati. 
Alla fine questo Dream Team ha navigato quasi sempre col vento in poppa, arrivando nella baia di Oakland con ben dieci giorni di vantaggio sul precedente record di Parlier. E dire che alla vigilia della partenza, il 31 dicembre, in pochi avrebbero scommesso su un nuovo record.
Soldini è famoso soprattutto per le traversate solitarie, dove domina praticamente incontrastato da una ventina d'anni. La coabitazione con altri membri dell'equipaggio per un periodo così lungo, tuttavia, non è stata un problema: "è andata molto bene, sono tutti ragazzi bravissimi, ognuno con esperienze diverse, ma ci siamo integrati senza problemi, da tutti i punti di vista" ha dichiarato raggiante ai microfoni di Repubblica.
L'unico problema? Le razioni: "alla fine era rimasto soltanto del riso", ma l'arrivo è stato rifocillante, come mostra la foto.

15 febbraio 2013

Politici mai sazi

Dopo le elezioni dell'anno scorso che hanno portato François Hollande all'Eliseo, l'opinione pubblica si è disinteressata del ex-primo cittadino di Francia, ma le cose potrebbero cambiare.
Secondo Alain Juppe, ministro degli Esteri nell'ultimo governo Sarkozy, il vecchio leader potrebbe tornare sulla scena, come ha dichiarato questa mattina al Sydney Morning Herald.
"Io percepisco che lui vuole combattere, anche se non spetta a me rispondere a questa domanda".
Diversi rappresentanti dell'UMP e ex-ministri del governo Sarkozy hanno categoricamente smentito, quasi a voler confermare i rumors.
Da un anno Sarkozy si è ritirato a vita privata, dichiarando di voler essere semplicemente "un francese in mezzo ai francesi". Si è ritagliato una carriera di profilo internazionale, seguendo l'esempio del vicino Tony Blair, e si è dedicato alla famiglia, ha infatti una figlia di poco più di un anno.
Ma forse stare con le mani in mano e curare il giardino non è quello che fa per lui, così Sarkò starebbe addirittura pianificando un inedito "comeback".
Forse le infinite giravolte di Berlusconi al di qua delle Alpi lo hanno convinto. Forse.
Carla Bruni, intanto, chiosa: "Da parte mia, non ho alcun desiderio che lui rientri in quel mondo. Siamo molto contenti della nostra nuova vita. Ma Hollande è terribile, e richiamo di restar bloccati con lui per i prossimi dieci anni. Perchè tra 5 anni Marie LePen sarà ancora contro di lui, e lui ovviamente vincerà. Nicolas potrebbe risparmiare alla Francia questo orribile duello".

14 febbraio 2013

La NASA dovrebbe salvare il mondo, non fare ricerca

Un post apparso su SLATE questo pomeriggio chiama direttamente in causa la NASA (l'agenzia spaziale statunitense) per "non fare abbastanza per prepararsi a catastrofici asteroidi".
Forse pochi sanno che il prossimo venerdi un sasso spaziale, denominato 2012 DA14, passerà a circa 27 mila kilometri dalla superficie terrestre, in una velocissima traiettoria verso il centro del Sistema Solare.
Se la cosa vi ricorda un Billy Bob Thornton allarmato che annuncia a Bruce Willis che dovrà salvare il mondo da una minaccia stellare, la pensate come quelli di SLATE.
I quali accusano la NASA di sprecare milioni di dollari in diversi progetti senza considerare il rischio di una collisione che ridurrebbe la Terra in briciole. Addirittura si ritiene che il compito principale della NASA non sia fare ricerca spaziale o favorire l'esplorazione del Sistema Solare, ma piuttosto il preservare l'America e (solo conseguentemente?) la Terra da una possibile collisione con asteroidi e comete.
Il danno che un asteroide potrebbe causare, si scrive, è ingente, anzi "probabilmente nemmeno una guerra nucleare con la Russia" arrecherebbe la stessa distruzione (PS: il Muro di Berlino è caduto nel 1989, non esattamente l'altro ieri) ed è per questo che la NASA avrebbe il compito di scongiurare una simile evenienza prima di tutto: "by the time we see the next bullet coming, it might be too late".

13 febbraio 2013

Lottatori fuori dal giro

La lotta è stata esclusa dalla lista degli sport presenti alle Olimpiadi del 2020. 
Dopo 117 anni di onorato servizio (è infatti una delle poche discipline presenti fin dalla prima edizione dei Giochi Olimpici moderni del 1896 ad Atene), lo sport di combattimento per eccellenza verrà mandato in soffitta.
Non subito: sarà regolarmente in programma alle prossime Olimpiadi di Rio 2016. Ma al CIO preferiscono fare le cose per tempo, e ieri una riunione esecutiva ha diramato la lista dei 25 sport regolarmente presenti ai prossimi giochi, dove in ballottaggio per la sede ci sono Madrid, Istanbul e Tokyo.
Rientrano il pentathlon moderno e , ma non la lotta, che potrebbe però essere ripescata nella lista degli sport "complementari": per i 2 posti disponibili, competeranno baseball, pattinaggio a rotelle, wakeboarding, arrampicata, squash, wushu e, appunto, lotta. 
La decisione è attesa per settembre, quando il CIO si riunirà nuovamente a Buenos Aires.
La federazione internazionale (FILA) si è detta "sorpresa e scioccata", ricordando che "ha sempre tenuto fede alle regolamentazioni olimpiche ed è presente in più di 180 paesi, in alcuni dei quali la lotta è addirittura sport nazionale, e l'unica possibilità per questi atleti di rappresentare la loro nazione ai Giochi Olimpici, contribuendo quindi alla loro universalità" come riporta il quotidiano Guardian.
Anche il presidente della federazione italiana Matteo Pellicone, in una nota ANSA, si è dichiarato "mortificato" dalla decisione, ma pronto a dare battaglia perché la lotta "rientri nel giro".

12 febbraio 2013

Curiose coincidenze

Il giorno dell'annuncio delle "dimissioni" di Benedetto XVI è caduto in una curiosa ricorrenza.
Ieri infatti, cadeva anche l'ottantaquattresimo anniversario della firma dei Patti Lateranensi, l'accordo politico-istituzionale tra il Regno d'Italia e la Santa Sede.
L'accordo, firmato appunto l'11 febbraio del 1929, fu una grandissima vittoria per il regime fascista di Mussolini, che poteva così vantare il riappacificamento con il papato tra le proprie vittorie.
La conciliazione prevedeva l'esistenza di uno stato indipendente, il Vaticano, ed il versamento di un contributo annuale come "compensazione" per le perdite dovute alla riunificazione d'Italia sessant'anni prima.
Il trattato è ancora in vigore, e regolamenta tutte le relazioni tra, per così dire, le due rive del Tevere.
Come ha scritto Lucia Annunziata ne L'Huffington Post ieri sera, il passo indietro di Benedetto XVI avrà diverse conseguenze sull'ordinamento istituzionale italiano.
Quest'anno il Parlamento sarà chiamato ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, e sicuramente la scelta che verrà espressa in conclave influenzerà, in maniera più o meno diretta, questa importante elezione.
Ancora una volta, il destino del Paese si intreccia con la successione al trono di Pietro.
Corsi e ricorsi della Storia.

11 febbraio 2013

I Grammy 2013 e il funerale del Pop

La cerimonia dei Grammy Awards 2013, arrivati alla 55esima edizione, ha evidenziato che l'alternative rock in questi anni sta prendendo piede nelle classifiche globali tanto quanto il rap e l'hip-hop hanno fatto nel decennio passato. I veri trionfatori della cerimonia di oggi sono le bande hipster dei FUN e Mumford&Sons e il cantautore australiano Gotye con Somebody that I used to know.
Il resto l'hanno preso Jay-Z e Kayne West, con diversi nomi grossi che sono rimasti a bocca asciutta: niente Taylor Swift e niente Calry Rae Japsen, che aveva dominato l'estate con la sua Call Me Maybe.
Ma anche niente Justin Bieber o Miley Cyrus, niente Lady GaGa o qualche vecchia gloria del pop come Jennifer Lopez o Britney Spears. Non che se ne sia sentita la mancanza, per una volta.
Giovani baffuti in pantaloni a sigaretta oppure rapper di colore ingioiellati come Crudelia DeMon. Così si vince nel 2013.
Sarà vero che il pop è morto?

LIST OF WINNERS OF THE MAIN CATEGORIES AT THE 55th GRAMMY AWARDS:
Album of the Year: Babel - Mumford & Sons
Record of the Year: Somebody That I Used To Know - Gotye featuring Kimbra
Song of the Year: We Are Young - fun.
Best New Artist: fun.
Best Rock Song: Lonely Boy - The Black Keys
Best Rock Album: El Camino - The Black Keys
Best R&B Song: Adorn - Miguel
Best R&B Album: Black Radio - Robert Glasper Experiment
Best R&B Performance: Climax - Usher
Best Traditional R&B Performance: Love on Top - Beyonce
Best Urban Contemporary Album: Channel Orange - Frank Ocean
Best Pop Performance, Solo: Set Fire to the Rain (live) - Adele
Best Pop Performance, Duo or Group: Somebody That I Used to Know - Gotye featuring Kimbra
Best Pop Vocal Album: Stronger - Kelly Clarkson
Best Traditional Pop Vocal Album: Kisses On The Bottom - Paul McCartney
Best Rap Song: Niggas In Paris - Jay-Z & Kanye West
Best Rap Album: Take Care - Drake
Best World Music Album: The Living Room Sessions Part 1 - Ravi Shankar
Best Alternative Music Album: Making Mirrors - Gotye
Best Orchestral Performance: Adams: Harmonielehre & Short Ride In A Fast Machine - San Francisco Symphony
Best Opera Recording: Wagner: Der Ring Des Nibelungen - The Metropolitan Opera Orchestra, The Metropolitan Opera Chorus
Best Jazz Instrumental Album: Unity Band - Pat Metheny Unity Band
Best Country Song: Blown Away - Carrie Underwood
Best Country Album: Uncaged - Zac Brown Band
Best Hard Rock/Metal Performance: Love Bites (So Do I) - Halestorm

08 febbraio 2013

Il maltempo e il Presidente

Gli Stati Uniti sono alle prese con una nuova emergenza maltempo. 
Questa volta è stata soprannominata "Nemo", la tempesta invernale che sta investendo la costa orientale con temperature polari e metri di neve.
Nell'ottobre scorso, quando l'uragano "Sandy" aveva falcidiato le coste di New York e New Jersey arrivando a colpire anche Manhattan, la campagna elettorale tra Obama e Romney, fino ad allora incentrata essenzialmente sull'economia, aveva visto un'improvvisa invasione di campo delle tematiche ambientali.
Se il Partito Repubblicano continua a negare ogni riferimento al riscaldamento climatico, arroccandosi dietro alle posizioni del "non scientificamente dimostrato", i Democratici hanno da tempo inserito l'environment nella loro agenda.
Lo stesso Obama aveva impostato la campagna elettorale del 2008 con un'impronta decisamente green. Poi si sa, le promesse sono difficili da mantenere, e l'ambiente è diventato uno dei principali punti di divisione tra il presidente e quella base scontenta e delusa per le poche riforme radicali.
Una delle grandi speranze legate al secondo mandato è proprio quella che Obama, libero dai vincoli legati alla rielezione, possa portare avanti una battaglia più radicale in difesa dell'ambiente.
Tanto per ricordare, gli USA non hanno mai aderito al protocollo di Kyoto.
Di fronte alla nuova emergenza maltempo, che sta battendo ogni record precedente, ma è ormai la norma, il governo della più importante economia mondiale non può più fare finta di niente e tapparsi le orecchie: il compromesso ambientale non può più aspettare.

07 febbraio 2013

Facebook è in crisi?

Il social network più grande e famoso del mondo nello scorso anno ha festeggiato il record di un miliardo di account attivi. Nessun sito web può vantare una simile permeabilità in tutte le latitudini del globo, una permeabilità che da a Zuckerberg & co. un potere esclusivo in termini di marketing di informazioni.
Ma forse anche per Facebook il boom sta per finire: un report del Pew Research Center, limitato ai soli account americani, ha evidenziato che il 61% degli utenti Facebook ha temporaneamente bloccato il proprio account per "prendersi una pausa" dal social network.
Negli USA, il 67% degli adulti che hanno accesso a Internet è su Facebook, di fronte ad un 20% e 16% di LinkedIn e Twitter rispettivamente. Ma esiste anche una piccola percentuale di utenti che usavano Facebook e ne sono usciti definitivamente: attualmente sono il 7%, ma in costante aumento.
Di questo piccolo gruppo, circa un quinto ha dichiarato di essere troppo occupato per poter seguire il flusso costante di "stati, frasi di George Takei e foto di neonati". 
Soltanto il 4% ha invece attribuito la scelta di chiudere Facebook ad un'invasione della privacy, tema che invece riceve sempre grande risalto sui media.
Sta di fatto che, nonostante tutto, la "Facebook vacation", ovvero la temporanea esclusione dal social network, è sempre più in voga: "La gente si sta ponendo sempre più domande su come spende il proprio tempo e su quanto valga la pena essere in costante contatto con amici e familiari", ha dichiarato Lee Rainie, responsabile del Pew Research Center.
Questa inflessione riguarderebbe però Facebook soltanto: il numero di utenti internet è invece in aumento, anche negli USA. Forse, anche il social network per eccellenza ha raggiunto il punto critico.

06 febbraio 2013

Obama vs Standard&Poor's, atto primo

Le agenzie di rating sono organizzazioni private, e quindi si spera indipendenti, che valutano l'attività finanziaria di stati e compagnie internazionali.
Le più famose sono 3 società americane: Standard&Poor's, Moody's e Fitch. Negli ultimi anni, a causa della crisi internazionale, il giudizio espresso da queste agenzie, la cosiddetta affidabilità finanziaria, è diventato uno dei temi più dibattuti all'interno dell'arena politica, e queste organizzazioni hanno accumulato un potere enorme. Il declassamento di un Paese da parte di una di queste società può costare la testa di ministri e presidenti.
In Italia il temuto spread è regolato proprio dal giudizio di queste "Big 3".
Da tempo le diverse agenzie, soprattutto S&P's, che, delle 3, è la più importante, ricevono critiche per l'arbitrarietà dei loro giudizi, soprattutto dai politici europei alle prese con sondaggi elettorali in costante declino.
Oltreoceano l'amministrazione Obama ha deciso di passare all'azione, aprendo una causa da 5 miliardi di dollari contro Standard&Poor's, ritenuta responsabile della crisi dei mutui subprime, gonfiati proprio in base alle indicazioni positive di S&P's. Dai mutui subprime la crisi è poi esplosa coinvolgendo tutti gli strati dell'economia statunitense e diventando la più grande recessione dai tempi del 1929.
Fin dal 2008 il presidente aveva aperto un tavolo di confronto con l'agenzia, diretta espressione di quel mondo dell'alta finanza americana (l'1% della popolazione) che non ha mai digerito le politiche finanziarie dell'amministrazione democratica.
Negli ultimi mesi il dialogo è saltato, ed il presidente ha deciso di passare ai fatti portando l'agenzia in tribunale. S&P's è stata citata presso la corte federale e 5 diverse corti statali.

05 febbraio 2013

Trovato il numero primo più grande... 'sti cazzi!

Come annunciato in pompa magna dal sito specialistico mersenne.org, il dipartimento di matematica dell'Università del Missouri Centrale ha scoperto il nuovo più grande numero primo il 25 gennaio alle 23:30:26, ora di Greenwich.
Il computer del professor Curtis Cooper ci ha messo più di 39 giorni per verificare che 257,885,161-1 fosse effettivamente un numero primo, riporta Slate.
La scoperta rientra nel cosiddetto progetto GIMPS (Great Internet Mersenne Prime Search), una sorta di caccia al tesoro tra diverse università statunitensi alla ricerca del più grande numero primo calcolabile. I numeri primi, infatti, come tutti i numeri, sono infiniti.
Fino a settimana scorsa, a detenere il record era il dipartimento dell'UCLA di Los Angeles, che aveva a sua volta strappato il primato dallo stesso Cooper nel 2008.
La ricerca dei numeri primi ha da sempre affascinato il mondo matematico: dopo Euclide, a cui risale la dimostrazione che i numeri primi sono infiniti, decine e decine di matematici si sono imbarcati nella ricerca del più grande numero primo calcolabile. Una particolare categoria di numeri primi è costituita dai cosiddetti numeri di Mersenne, ovvero quelli calcolati sottraendo uno ad una potenza di due: 3 è calcolato come 2 alla seconda meno 1, così come 7 (anch'esso un numero primo) che equivale a 2 alla terza meno 1.
Anche il nuovo gigante del professor Cooper è un numero di Mersenne, solamente che è composto da 17,425,170 cifre e che per scriverlo occorrerebbe un file di 22.45 megabytes.
I numero primi, di cui non si conoscevano grandi applicazioni pratiche fino a qualche decennio fa, sono tornati alla ribalta negli anni '70 quando un team di ricercatori dell'MIT ha scoperto il cosiddetto "algoritmo RSA", che è alla base dei codici crittografici del commercio online.
Facendo un acquisto su internet, insomma, si inserisce un codice che funziona in base a numeri primi molto alti.
Il risultato di Cooper, tuttavia, è inutilizzabile: tre diversi computer indipendenti che hanno verificato l'autenticità del record ci hanno messo comunque 3, 4 e 7 giorni rispettivamente. Un po' troppo per comprare su eBay.


04 febbraio 2013

Rivoluzione Francese, atto secondo

Il Ministro per le Pari Opportunità del governo Hollande ha revocato una norma vecchia di due secoli che impediva alle donne di vestire i pantaloni nella città di Parigi.
La legge, che risaliva al 7 novembre 1799, infatti, obbligava le donne a vestire solamente gonne o indumenti femminili, all'interno delle mura della città. In pieno clima rivoluzionario, gli strati più umili della popolazione parigina venivano infatti chiamati "sans-culotte", appunto per distinguersi dall'alta borghesia cittadina che vestiva, invece, le culotte. In omaggio alla figua del sanculotto, un'apposita legge aveva permesso a tutti gli uomini di portare le braghe, ma le donne ne erano state escluse.
Già due volte, nel 1899 e nel 1909, la legge era stata emendata per permettere alle donne di vestire i pantaloni se erano alla guida di una bicicletta o a cavallo, ma la norma era rimasta ufficialmente in vigore fino al 31 gennaio, riporta il Telegraph.
E' stata necessaria una interrogazione parlamentare da parte del deputato dell'UMP Alain Houbert per mettere in luce l'anacronistica normativa, che è stata definitivamente cancellata dal ministro Najad Vallaut-Belkacem.
Da questa settimana, le donne potranno liberamente portare i pantaloni in tutta la città di Parigi.
Vive le France!

01 febbraio 2013

Il nemico alle porte

La battaglia di Stalingrado si è svolta nella Russia meridionale dal 28 giugno 1942 al 2 febbraio 1943.
In quello scontro, le forze sovietiche dell'Armata Rossa riuscirono ad infliggere la prima grande sconfitta militare alla Germania Nazista, che perse sul campo più di un milione di uomini tra morti e prigionieri.
Per commemorare la vittoria, il Comune di Volgograd ha deciso di rinominare la città con il vecchio appellativo sovietico, Stalingrado appunto, nella giornata di domani, 2 febbraio.
Volgograd era stata fondata con il nome di Caricyn nel 1589 come roccaforte militare contro i tartari.
Nel tempo, era diventata la sede estiva dell'erede al trono russo, tanto che durante la guerra civile seguita alla Rivoluzione d'Ottobre fu una delle ultime roccaforti zariste a cadere.
Nel 1925 fu rinominata Stalingrado in onore del nuovo leader dell'URSS. Mantenne questo nome fino al 1961, quando l'opera di "de-stalinizzazione" di Krusciov le impose il nuovo nome di Volgograd.
L'agenda politica di Vladimir Putin, fortemente nazionalista e patriottica, ha attuato negli ultimi anni un'opera di pesante revisionismo della figura di Stalin, celebrandolo soprattutto per la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.
IlPost riporta che la città di Volgograd dovrà essere chiamata Stalingrado da tutti gli annunciatori televisivi e radiofonici, e non è escluso che anche gli orari dei mezzi pubblici possano, per un giorno, ritornare all'antica denominazione.