Difficile dire chi abbia davvero vinto in Catalogna, ancor di più capire come evolverà la situazione, con un popolo, quello catalano, che si lamenta del governo centrale arrivando a chiedere l'indipendenza, ma poi non riesce a passare dalle minacce ai fatti.
Nessuno dei partiti ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Anzi, il partito indipendentista di centrodestra, Convergenza e Unione (CIU), che si è autodimissionato dopo anni di governo per poter andare al voto sicuri di una forte riconferma dopo la "sbornia" della manifestazione di settembre, è addirittura retrocesso rispetto al risultato del 2010 fermandosi a 50 seggi su 135.
Anche i partiti più "madridisti", PSC/PSOE, socialista, e PP, popolare, sono stati bocciati dal voto, a dimostrazione che il sentimento indipendentista è ben vivo.
L'unico a trarre vantaggio è il partito repubblicano catalano (ERC), anch'esso indipendendista ma schieratamente a sinistra, che conquista 21 seggi forte del 13,5 % delle preferenze.
E' forse questo il dato più significativo: il secondo partito è ben sotto il 15% dei voti.
Gli scenari possibili sono diversi, ma tutto resta nelle mani di Artur Mas, fino a sabato presidente della generalitat e leader del CIU, che sarà costretto a ricorrere alle alleanze per poter governare.
La più naturale sarebbe quella con il Partido Popular, di cui condivide la linea politica salvo che nella questione dell'autonomia: i popolari sono da sempre i più convinti sostenitori di uno stato forte e centralizzato, e negli ultimi tempi sembra che il CIU abbia calcato la mano sul tasto dell'indipendenza, per usare un eufemismo.
Qualcuno già prospetta un'inedita alleanza CIU-ERC esclusivamente con l'obiettivo dello scorporo da Madrid. Di certo uno scenario effimero, una sorta di patto Molotov-Ribbentropp in salsa indipendentista.
Ad ogni modo, dopo le ultime stime al ribasso sulle prospettive di crescita dell'economia spagnola, per Mariano Rajoy non si prospettano sogni tranquilli.
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