Paul Kennedy è un professore di storia contemporanea dell'Università di Yale.
Si occupa soprattutto di Nazioni Unite e del ruolo degli USA nel mondo, collabora spesso con le agenzie governative e, tanto per, è uno dei consulenti privati del presidente Obama per la politica estera.
In un editoriale pubblicato questa settimana su Internazionale (N. 964) analizza sbrigativamente le possibili crisi dei prossimi decenni, cercando di farne una classifica e soprattutto di disegnare lo scenario più apocalittico per il nostro pianeta.
Si passa da un conflitto nucleare tra Iran e Israele (definito "una scaramuccia regionale") ad una guerra navale tra Washington e Pechino (altamente improbabile) alla nuova espansione imperiale della Russia di Putin.
Tra tutte queste crisi, la peggiore sarebbe un conflitto globale innescato dalla mancanza di acqua.
Non tanto di acqua salata, di quella ce n'è a iosa, quanto di acqua dolce, ovvero di quel piccolo 2.5% delle risorse idriche del pianeta così essenziale alle attività umane.
Se però Siria, Iraq e Turchia sono già ai ferri corti per la costruzione della Diga Ataturk sul fiume Eufrate, possibili nuovi conflitti potrebbero sorgere in Indocina, regione sempre più assetata per via del vertiginoso aumento della popolazione, in Messico, dove a un simile boom demografico si aggiunge un clima desertico con tutti i problemi connessi, e in Africa, continente cronicamente a corto di acqua dolce.
Dal canto mio la soluzione già: il Canada, con una popolazione inferiore ai 35 milioni di abitanti e riserve idriche pari a un quinto del totale planetario, ha tutte le carte in regola per diventare il nuovo Golfo Persico. Solo un po' più freddo.
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