Ieri mattina si è svolto il quizzone di medicina e oggi, per 10.173 candidati potrebbero aprirsi le porte di una facoltà e con esse la prospettiva di realizzare il proprio sogno: diventare un dottore.
Gli altri, i circa 67.000 esclusi che non hanno superato il test, sono un po' lasciati a sé stessi, senza troppe prospettive se non quella di iscriversi a un corso affine (il più popolare sembra essere biotecnologie) e poi ritentare il test l'anno prossimo.
Il sistema dei corsi a numero chiuso è criticato da molte parti, e in particolare è proprio la modalità con cui vengono scelti i candidati a non essere digerita. Non solo gli studenti, ma anche docenti ed esperti del settore concordano che il quizzone è sbagliato, semplicemente perchè non passano i migliori.
Ma come trovare una soluzione?
Oggi Repubblica ha posto la stessa domanda a Marco Venturino, anestesista dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano (quello di Veronesi), e autore di un romanzo in queste settimane in libreria, "Cosa sognano i pesci rossi".
Venturino non è un docente, non insegna medicina nelle Università, però tutti i giorni assiste i suoi pazienti nella lotta contro il cancro.
Premesso quindi che "quello del medico non è solo un mestiere ben retribuito", ma "prima di tutto un mestiere che ti mette a contatto con la sofferenza altrui e che ti impone di saper aiutare il prossimo", ecco la sua proposta: sostituire o affiancare al quizzone un periodo di volontariato negli ospedali o sulle ambulanze per tutti gli aspiranti dottori, così che testino sul campo la propria "vocazione" prima ancora che sui banchi di scuola.
"Più che criteri di selezione culturale, io userei criteri di selezione attitudinale".
La proposta è un'inedito nel mondo accademico italiano, e sicuramente farà discutere.
I problemi di attuazione, in effetti, non si contano, ma resta comunque qualcosa su cui riflettere, per evitare inutili sprechi di risorse ma soprattutto per far si che un potenziale medico non venga escluso da una domanda sullo spread.
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