28 agosto 2012

Siamo tutti ambientalisti

Giuseppe Sarcina, nella sua rubrica "Letture" sul Corriere di questa mattina, ha scritto un duro editoriale che analizza la storia e le aspirazioni del movimento ambientalista italiano.
Il banco di prova, per dimostrare il fallimento del progetto "verde" in Italia, sarebbe la vicenda dell'ILVA di Taranto.
Sarcina individua nell'assenza di un leader carismatico e di un movimento-partito organizzato il più grande gap tra i Verdi italiani e le altre forze politiche: vengono portati gli esempi della Lega Nord con Bossi, del M5S con Grillo e dei Radicali, Pannella e Bonino.
Il modello e punto di riferimento dovrebbero essere i Grunes tedeschi, che dagli anni '80 si sono stabilizzati ad un onesto 10% dei seggi al Bundestag e sono guidati da un vero uomo politico: Joschka Fischer.
Ecco però la grande miopia di questa visione: è davvero necessario, per l'ambientalismo italiano, doversi federare e prendere forma come soggetto politico tradizionale? 
La mancanza di leadership è lampante nei casi-clou come l'ILVA o la TAV, nella presenza sui giornali e nelle rubriche parlamentari, ma allo stesso tempo il movimento italiano ha fatto passi da gigante.
Ricordando gli incontri pre-Tangentopoli tra gli industriali (Cesare Romiti e Raul Gardini) da un lato e gli ambientalisti dall'altro, Sarcina ha ragione a scrivere che un simile meeting sarebbe inattuabile ora, forse ridicolo, ma soprattutto inutile: non ci si rende conto di quanto l'ambientalismo sia diventato parte del nostro linguaggio quotidiano, sia diventato un'istanza e un'abitudine che travalica le ideologie politiche o i giochi di partito.
Fare la raccolta differenziata non è nè di destra nè di sinistra ormai, così come installare i pannelli fotovoltaici (di cui l'Italia è primo produttore mondiale) sul tetto di casa o dell'azienda.
Il movimento politico dei Verdi, oggi tristemente attestato sul 3% in coabitazione con Rifondazione e la sinistra radicale, non ha più il monopolio della causa ambientalista.
E' vero che su casi eclatanti questa logica risulta perdente, gli "ambientalisti" non riescono a imporsi e i disastri proseguono, ma allo stesso tempo non ha più senso parlare di cesura tra ambientalisti buoni e inquinatori cattivi, di movimenti, di partiti.
Forse tra 15 anni i Grunes potranno addirittura eleggere un proprio Cancelliere federale, ma sarebbe impensabile, tra 30 anni, eleggere un Primo Ministro italiano che proponga il conto-energia, l'autonomia da fonti petrolifere, la chiusura degli inceneritori e l'alternativa al trasporto su gomma, a prescindere dallo stendardo che sventola?

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