Se qualche giorno fa i "campanelli d'allarme" arrivavano dall'America, oggi è la stessa Europa a far risaltare il pericolo delle derive nazional-populiste, specie nell'ex blocco sovietico.
L'Ungheria è in mano a un governo apertamente anti-Europeo e assai poco democratico: nel giro di qualche mese sono stati ritoccati Costituzione, negoziati per l'adesione all'UE e, soprattutto, le leggi per la libertà di stampa.
La Polonia non è messa meglio: il premier filo-Europeo Donald Tusk, che rappresenta la faccia giovane, occidentalizzata e multietnica della Polonia, è contrastato da anni dal partito conservatore Diritto e Giustizia dei fratelli Kaczynski (un gemello è morto il 10 aprile di due anni fa per un incidente aereo), schierato su posizioni nazionaliste e filo-ecclesiastiche.
Oggi invece è la Romania a nominare come Ministro per i Rapporti con il Parlamento Dan Sova, un avvocato trentanovenne di Bucarest e amico personale dell'attuale premier, Victor Ponta.
Il neo-ministro si era fatto notare nel marzo scorso per aver elogiato la dittatura del maresciallo Antonescu, leader della Romania filo-hitleriana, e per aver negato le politiche antisemite di quel regime.
Fonti internazionali stimano che circa 300.000 ebrei furono massacrati o deportati dalla Romania tra il 1939 e il 1945.
A marzo l'allora avvocato non aveva smentito, nonostante il conseguente putiferio internazionale, le sue dichiarazioni, ora resta da vedere come si comporterà nella sua nuova attività.
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