La notizia di oggi è una non-notizia, una di quelle storie che veramente gettano un'ombra sulla ratio umana, fugando però ogni dubbio quando l'analisi è rivolta alla nostra classe politica locale.
Questa mattina il Corriere, e con lui diversi notiziari, avevano annunciato il "nuovo decollo" della compagnia aerea siciliana WindJet, fallita il 13 agosto lasciando a terra centinaia di turisti e soprattutto 500 dipendenti cassaintegrati.
Dove avrebbe trovato i soldi per ripartire? O meglio, chi è che investe centinaia di migliaia di euro su una dirigenza che è stata capace di far fallire una compagnia aerea la settimana di Ferragosto?
La risposta è arrivata con ottimo tempismo all'interno della bufera sui finanziamenti ai partiti regionali e i tagli alla spesa: sarà direttamente la Regione Sicilia, attraverso una finanziaria sua controllata, a ridare linfa ai vertici dimissionari, che avranno tutto il tempo per riprovare l'avventura, questa volta finanziati (anche) da soldi pubblici.
E qui il primo pensiero: che diritto ha un governatore dimissionario, per di più per reati di mafia, di disporre così di soldi pubblici? Che garanzie possono offrire dei dirigenti d'azienda che sono stati capaci di far fallire una compagnia aerea low-cost proprio la settimana di Ferragosto, con gli aerei già prenotati e i biglietti pagati?
Questa la notizia fino al primo pomeriggio, per lo meno.
Perchè alle 17.46 la smentita, ovvero una nota dell'ENAC, il gestore delle rotte aeree italiane, che annuncia che non è stata pervenuta alcuna richiesta da parte di WindJet, riferendosi, con questo nominativo, sia alla società già fallita in estate sia alla newco che avrebbe dovuto sostituirla.
Che succederà? E' presto per dirlo. I soldi della regione andranno davvero a rimpolpare le casse di un'azienda, che ha fallito pochi mesi fa, quando avrebbe dovuto riscuotere piuttosto che spendere? Non si sa, certamente però non finiranno nelle tasche di chi è rimasto a terra quel 13 di agosto.
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