Il presidente dello Stato di Israele Shimon Perez ha visitato ieri il Parlamento dell'Unione Europea di Strasburgo. La visita, sostanzialmente un incontro di cortesia tra buoni vicini, non ha avuto grande risonanza sulla stampa internazionale, catalizzata dal Conclave e, per quanto ci riguarda, dalla crisi italiana.
Il Wall Street Journal tuttavia fa notare che, dietro ai sorrisi e alle strette di mano, le distanze tra UE e lo stato ebraico sono più ampie che mai.
E' toccato a Martin Schulz, in quanto presidente del Parlamento, ricevere il capo dello stato israeliano e dargli il benvenuto a nome dell'Unione. Schulz ha ricordato come sia significativo che sia toccato a lui, un tedesco, l'encomio di un leader ebraico.
Questi avvicinamenti non sono stati sufficienti a mascherare il disappunto, percepito in conferenza stampa, con cui Israele ha ricevuto la proposta dell'UE di porre un embrago ai prodotti delle colonie israeliane in Cisgiordania.
Molti cittadini UE, infatti, considerano quegli installamenti come un atto di guerra, e sono quindi favorevoli ad un blocco delle importazioni. La proposta è arrivata a Strasburgo, e il Parlamento, cercando una soluzione intermedia, ha proposto di rendere obbligatoria l'indicazione di provenienza di questi prodotti. Al supermercato, insomma potremmo trovare i prodotti dei kibbutz israeliani in Cisgiordania e negli altri territori occupati, e toccherà poi a noi decidere se acquistarli o meno.
La cosa non è assolutamente andata giù al governo israeliano, che considera quei territori come parte integrante dello Stato.
Perez ha avvertito l'Unione Europea, consigliando di non schierarsi apertamente in una questione interna allo stato d'Israele, un modo garbato per dire "fatevi gli affari vostri", per poi ricordare che lo stesso governo di Israele si sta impegnando a smantellare alcuni installamenti illegali.
Ma la politica degli installamenti di coloni proseguirà: "quando ci sarà la pace, potremo discuterne".
Nessun commento:
Posta un commento