L'elezione del nuovo papa argentino ha sinceramente sorpreso gran parte del mondo, sia gli addetti ai lavori sia i semplici fedeli.
Non giovanissimo (76 anni), Jorge Mario Bergoglio ha mantenuto un profilo riservato in questo conclave, avendo già recitato un ruolo da protagonista nella scorsa elezione, quando arrivò secondo alle spalle del Cardinale Ratzinger.
I più probabili erano altri: si parlava di Scola, degli americani, oppure di un affscinante Papa africano, ma questo underdog ha saputo guadagnarsi la stima, il rispetto e la fiducia della Curia internazionale, tanto da venire elevato al soglio di Pietro.
Questo Conclave ha introdotto diversi elementi di novità, iniziando dalle inaudite dimissioni di Ratzinger, e il nuovo Papa non è stato da meno: primo Papa extraeuropeo, primo Gesuita, primo a chiamarsi Francesco etc. etc.
Le reazioni alla nomina sono state generalmente positive, almeno a voce alta tutti agurano un sereno pontificato al nuovo pastore, lui stesso consapevolissimo della difficoltà del nuovo incarico, tanto da invocare la preghiera dei fedeli già al primo incontro con la folla, subito dopo l'Habemus Papam.
Due editoriali in particolare meritano di essere citati: uno apertamente positivo, ovvero quello di Ezio Mauro su Repubblica, ed un altro decisamente più critico, quale quello di Michael Brendan Dougherty (giornalista di American Conservator) per SLATE.com.
Entrambi i giornalisti si aspettano un'azione decisamente riformatrice dal nuovo ponteficie, alieno dalle politiche fumose della Curia romana e molto più sensibile alle tamtiche sociali del suo predecessore.
Dando per scontato che la decisione di Benedetto XVI fosse dovuta a profondi ed insanabili contrasti con la Curia, accentuati dalla lunga serie di scandali di Vatileaks, IOR e abusi sessuali che ha inquinato gli ultimi 5 anni del suo pontificato, i due giornalisti danno però letture contrastanti riguardo l'elezione di Bergoglio: "L'addio al pontificato di Ratzinger ha dunque lasciato un "segno" visibile nel Conclave. La scelta di successione a Benedetto XVI rappresenta infatti un rovesciamento geografico e culturale del potere curiale talmente evidente e simbolico da diventare un gesto politico..." ha scritto speranzoso Ezio Mauro.
Diametralmente opposte le paure di Dougherty, che evidenzia come "non c'è alcuna possibilità per l'elezione di Bergoglio senza l'appoggio dei cardinali italiani e del blocco Latino-americano". Su Bergoglio sarebbero quindi confluiti i voti dei cardinali avversi a Ratzinger e alla sua opera di riforma della Chiesa.
Da un lato un Papa nuovo, estraneo alla fumosa Curia romana e quindi più puro, forte e capace di riforme sincere e profonde, dall'altro un Papa nuovo, estraneo alla corrotta Curia romana e quindi più ingenuo, debole e chiamato a recitare un ruolo da comparsa, il classico "Papa di transizione".
Chi avrà ragione? Tra dieci anni, il responso.
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