Una settimana fa repubblica.it ha pubblicato l'appello di un mestro elementare, Franco Lorenzoni, 52 anni, per una scuola priva di tecnologie informatiche, almeno fino agli 8 anni.
E' una lettera che, complice la situazione politica ed economica del nostro paese, non ha ricevuto l'attenzione che merita e non ne è scaturato il dibattito che, verosimilmente, si proponeva di suscitare.
Lorenzoni scrive, diciamo così, per una scuola con più Rodari e meno Steve Jobs, ma parte da una posizione che non vede la tecnologia come fumo negli occhi: "non ho nulla contro la tecnologia, che tra l'altro può essere di grande aiuto per i bambini che hanno bisogni educativi speciali, come la dislessia", ma, secondo il maestro, occorre reagire alla sovraesposizione tecnologica dei bambini in questa delicatissima fase di sviluppo.
E' un compito di cui la scuola può e deve farsi carico. Purtroppo.
Perchè in Italia convivono, paradossalmente, due primati continentali apparentemente agli antipodi: siamo il popolo con più smartphones in Europa e, contemporaneamente, quello con il più basso tasso di utilizzo di internet. Tradotto: andiamo in giro contentissimi del nostro iPhone nuovo fiammante ma lo usiamo solamente per i canonici Facebook, WhatsApp e Fantacalcio. Già Twitter è fuori portata. Un po' come usare una Ferrari per andare dal panettiere.
Di fronte a una situazione simile ci si rende conto che un'inversione di rotta non può nascere spontaneamente dalla società civile, ma occorre che la comunità si detti delle regole, per evitare che divernti normale scriversi in chat tra famigliari a tavola.
La tecnologia di cui parla Lorenzoni non è molto diversa dalla televisione-babysitter che domina già da vent'anni, solo che colpisce una fascia di sviluppo in cui il bambino è più sensibile agli input visivi che riceve: ridurre il numero di insegnanti alle primarie e incrementare quello dei computer equivale ad abituare il bambino ad un contatto con la macchina, con il digitale, tanto quanto lo abituiamo al contatto interpersonale.
"I neonati del nuovo millennio li si usa chiamare nativi digitali. La sorte dei nativi, in molti continenti, è stata segnata da colonizzazioni violente e distruttive, giustificate in nome della civiltà e del progresso.
Evitiamo che anche i nostri piccoli nativi siano colonizzati precocemente e pervasivamente da tecnologie che, nei primi anni, impoveriscono la vita e l'immaginario infantile".
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