Come uno scheletro che esce dall'armadio, ciclicamente la Storia torna a farsi sentire alla corte di Sua Maestà, chiedendo il conto di azioni vecchie di secoli. Il passato coloniale può essere un fardello pesante per una democrazia liberale, e probabilmente il Regno Unito riesce a conviverci anche meglio di altre nazioni, tuttavia resta il peso di quello che un tempo era "il più esteso impero del mondo".
Oggi sui principali quotidiani inglesi è stata pubblicata una lettera della presidente argentina Cristina Fernàndez de Kirchner che rivendica il possesso delle isole Falklands, arcipelago a poche miglia al largo della costa sudamericana ma ancora in mano a Londra.
Per quelle isole già nel 1982 era stata combattuta una guerra tra i due paesi, e l'escalation attuale ricorda molto l'evolversi della situazione nei primi anni '80. Ora come allora, le motivazioni del governo di Buenos Aires sono essenzialmente populiste, rivolte più a placare il dissenso interno che ad un effettivo interesse strategico. Una boutade, in fondo, ma che rischia di far precipitare la situazione e che già una volta ha portato a oltre un migliaio di morti nel conflitto.
Londra in questi 30 anni è cambiata molto, e probabilmente agli inglesi di oggi non interessa granchè del possesso di un paio di isole semidesertiche in mezzo all'Atlantico meridionale.
Ma quando c'è di mezzo l'orgoglio nazionale è un altro discorso, e le accuse vengono velocemente rispedite al mittente: la decisione può essere presa soltanto dagli abitanti stessi delle Falklands, in gran parte inglesi, che sono chiamati ad un referendum tra qualche mese ha dichiarato l'esperto di intelligence Robert Munks. Loro e soltanto loro potranno decidere se restare inglesi o unirsi alla Repubblica Argentina.
Dopo la stoccata, infine, la beffa: "Il Ministero degli Esteri già negli anni '60 e '70 stava cercando un modo per sbarazzarsi di queste isole. Non fosse stato per l'invasione, probabilmente l'Argentina ora avrebbe avuto una qualche forma di sovranità sulle Falklands".
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