Un (lungo) editoriale su IlPost.it di oggi ha aperto un interessante dibattito sulla convenienza, o meno, del doppiaggio dei film stranieri in Italia.
La posizione di Mario Fillioley, che di mestiere traduce libri dall'inglese e insegna italiano agli stranieri, è quella di una strenua difesa del doppiaggio rispetto al sottotitolo, considerato essenzialmente infedele e dilettantistico.
E' strano che la possibilità di intrattenimento didattico, ovvero guardare i film in lingua originale per poter imparare l'inglese, venga essenzialmente cazziata da uno che le lingue le insegna a scuola: "E' un uso strumentale del film. Non l'uso per cui il film è concepito. Sostenere il contrario sarebbe come dire che la macchina serve per stendere i sedili recrinabili e fare sesso, e non per spostarsi da un posto all'altro".
Vero, può darsi. Sta di fatto che nel momento di acquistare un'automobile tutti converrebbero sugli indubbi vantaggi di una station wagon rispetto, diciamo così, ad una Panda.
E così come è vero che solitamente un buon attore straniero viene doppiato da un attore italiano altrettanto bravo, se non di più, è altrettanto vero che sentire Brad Pitt o Di Caprio in lingua originale è tutta un'altra esperienza rispetto alla visione in italiano.
Proprio partendo dal film cui fa riferimento Fillioley, Django Unchained, il film in lingua originale si caratterizza per una parlata, quella del Sud degli Stati Uniti, che difficilmente in italiano è possibile rendere con la stessa efficacia, e dico questo dopo aver visto il film in lingua originale, passibile quindi di sbagliarmi di grosso.
A conclusione, però, va ricordata una cosa: che in Italia il film originale è un prodotto di nicchia, e quello originale è la norma, che non ha certamente bisogno di una crociata patriottica per essere difeso.
Piuttosto il contrario.
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